COS'È LO YOGA: origine e scopo
Esistono moltissime definizioni di cosa sia effettivamente lo Yoga e molto spesso anche contraddittorie tra loro e questo è sicuramente un grande paradosso che incontriamo quando si cerca di definirlo.
Prima di inoltrarci in maniera specifica su perchè yoga ed arrampicata, siano un binomio vincente, scopriamo di più sullo Yoga.
Per capire le sue origine storiche bisognerebbe studiare la filosofia hindu da cui prende origine.
Lo Yoga infatti è una dei 6 darsana della trazione induista ovvero i sistemi teologici ortodossi con cui si è cercato di interpretare i Veda, i più antichi testi del mondo che narrano le origini dell’esistenza.
Nella filosofia Yoga di fatto l’obiettivo è quello di cercare una via spirituale, un cammino verso la realizzazione dell’essere umano.
Nei testi antichi in cui lo Yoga ha origine non troviamo nessun riferimento che possa essere collegato alle posture fisiche ed alla ginnastica moderna che oggi viene praticata dagli yogin di tutto il mondo.
Lo yoga dei tempi moderni è una versione completamente occidentalizzata che in India non fu mai praticata probabilmente prima del XX secolo.
Questo non toglie valore a quello che la filosofia Yoga è oggi, anzi semmai lo aggiunge. Personalmente credo che quello che rende lo Yoga così apprezzato da molte persone nel mondo, sia la sua incredibile capacità di adattarsi nel corso del tempo, alle esigenze della civiltà.
L'HATHA YOGA: Patanjali e gli Yoga Sutra
Se hai già dimestichezza con cos’è lo Yoga, ti sarà probabilmente capitato di sentire parlare di Patanjali.
Questa figura secondo alcuni recenti studi, è addirittura mitica, eppure ad oggi è per lo Yoga occidentale uno dei massimi riferimenti. Patanjali è l’autore del famoso testo gli Yoga Sutra scritto circa nel 3 sec. a.c. , a cui tantissime scuole ancora oggi fanno riferimento.
Famoso è il versetto:
YOGA CITTA VRITTI NIRODAH Lo Yoga è la cessazione delle fluttuazioni della mente ovvero delle funzioni mentali.
Patanjali Tweet
Per ottenere questo stato, secondo Patanjali, è fondamentale la pratica del Samadhi, lo stato d’estasi dove la mente è quieta.
Lo scopo più elevato dell’Hatha Yoga infatti è quello di “eliminare gli ostacoli fisici” per preparare il corpo e la mente ad un livello di Yoga superiore.
Negli Yoga Sutra di Patanjali però non vi è alcun accenno dei moderni asana dello Yoga.
Il primo testo in cui viene fatto riferimento agli asana, è l’“HATHA YOGA PRADIPIKA”, un testo medioevale dove allo yoga viene conferito il significato di “unione”. L’unione tra le due energie sottili che secondo la tradizione induista pervadono il cosmo, ovvero quella maschile ricollegabile al sole ‘HA’ e ‘TA’ quella femminile e lunare.
Durante la rigogliosa epoca del tantrismo, si inizia a dare valore al corpo come mezzo per trascendere le fluttuazioni della mente e verso la beatitudine.
É da quel momento che nascono diverse scuole di pensiero yogico e tanti dei diversi stili di yoga fino ai giorni nostri che comprendono l’Ashtanga, il Vinyasa, l’Iyengar Yoga, il Kundalini e molti altri.
ASANA DELLO YOGA – dietro l’idea di Asana
Cane a testa in giù, cane a testa in sù, cobra, cammello, corvo, guerrieri, triangoli e chi più ne ha più ne metta…
Secondo Gheranda, autore di quella che viene considerata la prima enciclopedia di asana dello Yoga, la Gheranda Samhita, esistono nell’universo 8,400,000 pose Yoga descritte da Shiva, che corrispondono alla quantità di specie viventi. Tra queste ce ne sono 84 considerate le migliori, di cui 32 sono state “donate” alla specie umana.
Gli asana nello yoga oltre che a essere delle posizioni da tenere o da raggiungere, reputo siano un vero e proprio “processo”.
Ogni movimento del corpo è parte di una catena infinita di accadimenti di cui non distinguiamo soltanto quelli immediatamente precedenti e, a volte, quelli immediatamente successivi.
(Laban 1966) Tweet
Quando teniamo un asana pensiamo di essere in posizione statica, di non movimento; in realtà è un’illusione…Non cessando di respirare il nostro corpo è in perpetuo impercettibile movimento, mutando continuamente la sua forma.
Finché siamo vivi, non saremo mai davvero fermi.
Gli asana non sono soltanto un risultato finale da raggiungere ma bensì un processo, in cui ogni corpo fa la sua unica esperienza di quella che è la posizione.
Ognuno di noi può utilizzare muscoli diversi per generare la stessa azione e quindi avvertire sensazioni completamente diverse.
Praticando con costanza e dedizione, si impara a riconoscere il proprio corpo e a capire come si muove nello spazio.
Si impara a percepire come gli asana (i processi) impattano sul nostro corpo e a riconoscere quello che il nostro corpo chiede in quel preciso instante.
Se l’asana non è il risultato finale ma è il processo, possiamo imparare come creare variazioni che aumentino o riducano la difficoltà senza pensare che non si stia eseguendo perfettamente l’asana (ad esempio toccarsi la punta dei piedi, inarcare la schiena ecc…)
In questo modo ognuno di noi può trovare la sua personale espressione dell’asana e andare oltre il risultato finale imparando ad innamorarsi del processo.
Questo approccio è utile sia dal punto di vista della consapevolezza che si acquisisce con il proprio corpo nella pratica yoga, sia nell’arrampicata.
Iniziamo a cogliere i primi punti di contatto tra yoga ed arrampicata che approfondiremo a breve.
I miei training arrampicatori infatti, sono spesso finalizzati alla performance, al risultato finale, (come credo potrebbe essere per la maggior parte di noi) e quando riesco a concentrarmi sulla bellezza del processo, del viaggio che faccio per realizzare un progetto o tentare di realizzarlo, scopro qualcosa in più su di me sia come individuo per la mia crescita personale sia come sportivo.
Ecco allora che la performance si traduce in un’esperienza di vita e non soltanto in un grado chiuso da mettere in saccoccia.
Ovviamente non sempre questa poesia è presente nel mio approccio alla scalata o nella mia pratica yoga.
Quello che conta è l’intenzione e la motivazione che mettiamo nel cercare di migliorarci ogni giorno come persone e come climbers.
YOGA ED ARRAMPICATA: scopriamo le connessioni

Tra lo Yoga e Arrampicata esistono moltissime connessioni.
Lo Yoga unisce corpo, mente e spirito attraverso una profonda connessione con la natura.
Nell’Arrampicata a sua volta unire le nostre capacità fisiche al controllo della mente, ci aiuta a raggiungere gli obiettivi che ci poniamo.
Oltre che ad essere sempre alla ricerca della performance, dobbiamo riconoscere che spesso arrampichiamo per il puro piacere di farlo sentendoci tutt’uno con la natura che ci circonda.
Come abbiamo già visto all’inizio dell’articolo:
YOGA CITTA VRITTI NIRODAH
(Lo Yoga è la cessazione delle fluttuazioni della mente ovvero delle funzioni mentali).
Per vedere la cosa da un punto di vista più pratico si intende saper dirigere consapevolmente la nostra attenzione verso qualcosa senza essere distratti.
Lo stesso è necessario per l’arrampicata
Se siamo impegnati in una salita abbiamo bisogno di essere concentrati soprattutto di calmare la mente e saperla dirigere laddove serve.
Mentre innescare una catena di pensieri disfunzionali mentre scaliamo, rischia di inficiare la nostra prestazione, di uscire dal flusso e perdere la concentrazione necessaria.
Potremmo fare molti altri esempi di situazioni in cui saper dirigere la nostra attenzione in maniera corretta è fondamentale ma per il momento questo è sufficiente.
Nello Yoga una componente fondamentale è il respiro e comunemente si fa riferimento alle tecniche di respirazioni chiamate Pranayama che nello Yoga sono il mezzo per calmare la mente dal flusso continuo di pensieri.
Imparare a respirare, aumenta la nostra capacità polmonare, ci permette di arrampicare gestendo lo stress, la fatica, massimizzando i riposi ed entrando in profonda connessione con quello che stiamo facendo.
La mente è calma, presente, concentrata. Il dialogo interno si calma e si trasforma in un dialogo positivo e motivante. I muscoli sono ossigenati correttamente ed aumenta la resistenza.
Se arrampichiamo senza prestare attenzione a come respiriamo la nostra resistenza subirà un netto arresto, la stessa forza esplosiva non sarà espressa al suo massimo.
Quante volte ti è capitato di notare di essere in totale apnea?
In arrampicata il respiro dev’essere il più fluido possibile connesso con il movimento.
Tuttavia non è raro andare in apnea.
Ecco perchè alcuni Pranayama ci insegnano a rendere fluido il respiro ed altri invece ci portano a praticare le apnee sia a polmoni vuoti che a polmoni pieni.
Queste ultime tecniche tra cui ad esempio VILOMA PRANAYAMA possono essere sfruttate come allenamento di consapevolezza al respiro frazionato e all’episodio apneico.
I muscoli quindi si contraggono e non arrivando ossigeno necessario per trasportare il nutrimento al nostro corpo, cadiamo, ci stanchiamo, non passiamo…
Bene, in questo articolo abbiamo scoperto i punti di contatto tra yoga ed arrampicata.
Nel corso Yoga4Climbers imparerai come connettere corpo e mente attraverso un uso consapevole del respiro che ti permetteranno di gestire meglio la fatica e lo stress, progredendo nella tua scalata.